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17 Luglio 2020

Gli investimenti nelle rinnovabili? Sono salutari anche per l’occupazione.

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Secondo il Coordinamento Free (Fonti rinnovabili efficienza energetica), servirebbero 67 anni per raggiungere gli obiettivi di produzione da fonti rinnovabili fissati dal PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima) se il ritmo delle autorizzazioni restasse quello odierno. In Italia nel 2019 sono stati installati appena 750 MW di nuovo fotovoltaico (nello stesso periodo in Germania ne sono stati installati 5.000): risulta evidente come i 30 GW aggiuntivi da realizzare nei prossimi 10 anni appaiano un obiettivo impossibile da raggiungibile.

Come mai l’Italia avanza con così grande lentezza in un settore che tutti ritengono indispensabile per il futuro del paese, sia in relazione alla decarbonizzazione del sistema che alla lotta ai cambiamenti climatici? Perché il Paese, in un periodo economicamente critico, rifiuta investimenti privati nell’ordine dei 20 miliardi di euro nei prossimi 10 anni, senza chiedere alcun finanziamento pubblico, rinunciando inoltre a enormi benefici in termini di indotto produttivo e di aumento dell’occupazione?

Quello delle rinnovabili è infatti un settore estremamente innovativo, in cui innumerevoli giovani potrebbero sviluppare competenze di energy management, un settore  in grado di accompagnare lo sviluppo della mobilità elettrica, ideale per far nascere nuovi modelli di business nello stoccaggio dell’energia, nella produzione di componenti e nello sviluppo di servizi per la gestione degli impianti.

In questo senso il decreto FER1 con i suoi meccanismi troppo farraginosi non si sta mostrando adeguato e, ancora peggio,  è evidente un blocco nella realizzazione degli impianti più grandi, utility scale, che non richiederebbero più alcun incentivo ma semplicemente percorsi autorizzativi chiari.

Tutto questo, in uno scenario in cui il 90% degli italiani si dichiara a favore delle rinnovabili.

Al contrario le procedure sono lunghissime, un’ostilità senza senso contro gli impianti a terra viene alimentata, a causa di una loro ipotetica incompatibilità con il paesaggio e le attività agricole. In questo senso è giusto specificare che gli impianti di energia rinnovabile DEVONO integrarsi con il paesaggio, senza snaturarne l’identità. Del resto, come accade per autostrade, capannoni agricoli, impianti industriali.

Molto spesso le considerazioni in merito agli impianti a terra vengono falsate da pregiudizi che sono fonte di gravi danni non solo in relazione a un settore industriale innovativo, ma anche al tessuto sociale e al nostro pianete, considerando la crisi climatica in atto.

Un tessuto sociale verso cui siamo sempre più attenti: grazie alla disponibilità a finanziare interventi a favore dei territori, realizzando soluzioni di impianti agrofotovoltaici (quando è possibile la coabitazione delle due attività), attivando formule di crowd funding che permettono ai cittadini di partecipare agli utili, anche con piccoli investimenti.

E’ necessario un chiarimenti anche in merito alla questione dei tetti: il fotovoltaico va realizzato innanzitutto sui tetti, ma se consideriamo di usare solo i tetti per raggiungere gli obiettivi del PNIEC, dovremmo utilizzare il 70% di tutti i tetti disponibili nel nostro Paese: impensabile!

Se invece – per assurdo – li mettessimo tutti a terra, occuperemmo circa 100.000 ettari, cioè solo lo 0,64% dei terreni agricoli disponibili (più o meno la stessa estensione di superficie agricola che si perde ogni anno perché abbandonata).

Allo stesso modo bisogna considerare che i terreni vengono rilasciati a fine ciclo degli impianti quasi sempre in condizioni migliori in termini di biodiversità e che il costante sviluppo tecnologico ha reso, e renderà ancora, gli impianti sempre più efficienti.

Occorre superare obiezioni ideologiche, spesso alimentate ad arte, e sostenere interventi come quelli promossi dal “Piano Colao” (procedure di semplificazione normativa e riduzione dei tempi autorizzativi, perentorietà€ dei termini nel procedimento autorizzativo per le fonti rinnovabili, ecc.). Il Decreto Semplificazioni è un’occasione imperdibile.

 

Articolo tratto da https://www.startmag.it/




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