Una nuova ricerca pubblicata su Nature stabilisce che l’innalzamento del livello dei mari dovuto al riscaldamento globale potrebbe minacciare 40 milioni di persone in più - nei prossimi 30 anni -rispetto alle stime precedenti.
Da maggio a inizio agosto le temperature nella regione sono state di 5 gradi Celsius più calde rispetto alla media 1980-2010; questo in un contesto artico che si stava già riscaldando molto più velocemente del resto del globo. “Senza dubbio è il cambiamento climatico”, ha detto Copland -professore di glaciologia dell’Università di Ottawa Luke Copland - aggiungendo che non esistono più molte piattaforme di ghiaccio nella zona: “Le abbiamo perse quasi tutte dalla Groenlandia settentrionale e dall’Artico russo. Potrebbero essercene solo in alcuni fiordi protetti”.
Il problema è che se gli iceberg dovessero raggiungere acque più calde, il clima potrebbe scioglierli. Questo contribuirebbe all’innalzamento del livello del mare, secondo il National Snow and Ice Data Center.
Secondo una nuova ricerca pubblicata su Nature, l’innalzamento del livello del mare nei prossimi 30 anni potrebbe minacciare 40 milioni di persone in più rispetto alle stime precedenti, con i paesi asiatici più poveri maggiormente a rischio.
La maggior parte dell’attenzione politica si concentra oggi su come rallentare il cambiamento climatico, riducendo le emissioni di gas serra che stanno aumentando la temperatura della Terra, ma una parte altrettanto consequenziale di questo problema è l’adattamento a un mondo più caldo a nei prossimi decenni. I ricercatori hanno utilizzato un metodo più sofisticato per determinare “il vero livello del suolo dalle cime degli alberi o degli edifici”, ha detto al NYT il coautore Scott Kulp. Questo metodo è già stato utilizzato nelle parti più sviluppate del mondo, ma non in Asia, motivo per cui gli impatti previsti sono più nuovi e più gravi lì. I numeri sono più grandi in Asia in generale perché c’è una densità di popolazione alta e concentrata verso la costa”, ha detto Strauss. La ricerca però non tiene conto della crescita della popolazione, quindi l’impatto potrebbe essere ancora maggiore se questi paesi dovessero continuare a crescere come previsto.
La ricerca rileva che 40 milioni di persone in più vivranno in aree al di sotto dei livelli di alta marea entro il 2050, il che significa, ha detto Strauss, che “o si ottiene una difesa costiera o è meglio scappare”. Questo aumento si aggiunge ai 110 milioni di persone che già vivono al di sotto dei livelli di alta marea con protezioni infrastrutturali minime come gli argini. “Sebbene gli argini possano proteggerci, possono anche darci un falso senso di sicurezza, perché quando falliscono i risultati possono essere catastrofici”, ha detto Strauss, sottolineando le sfide che devono affrontare New Orleans.
Strauss spera che questa ricerca stimoli le città a prepararsi meglio per l’innalzamento dei mari che inevitabilmente stanno arrivando, ma anche a ridurre le emissioni per limitare gli impatti peggiori entro la fine di questo secolo. La sua ricerca suggerisce che se continuiamo lasciare le emissioni per lo più incontrollate, fino a 200 milioni di persone in più saranno a rischio entro il 2100.
Articolo tratto da www.energiaoltre.it
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