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7 Aprile 2021

Transizione Energetica: è boom di auto elettriche!

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La transizione energetica sta diventando uno tsunami, un uragano non distruttivo, ma sostenibile. Quasi un amico. Il nuovo scenario disegnato dalla pandemia, non c’è dubbio, ha fatto da propellente. Le persone si sono aggrappate alle cose certe, che rispettano l’ambiente e puntano a migliorare la salute del pianeta nei prossimi anni, quando, quasi certamente, la popolazione mondiale supererà i 10 miliardi. Non lo dicono le poco certe indagini di mercato, ma i dati consolidati dei mercati, sia commerciali che finanziari. Vanno tutti nella stessa direzione, con un impeto che non si vedeva da parecchi anni. I costruttori di auto sono piacevolmente sorpresi. Per raggiungere gli ambiziosi target di emissioni posti dall’Unione Europea devono spingere meno del previsto in quanto la domanda spontanea di vetture verdi è superiore alle aspettative e i veicoli ecologici bisogna preoccuparsi più di produrli che di promuoverli.

I “piani quinquennali” rischiano di durare una stagione. E le case automobilistiche sono ben felici di rimodellarli periodicamente, alzando a vista d’occhio la quota delle elettrificate. Il domani è un foglio bianco, tutto da scrivere. Da una parte, arriveranno miracolose batterie in grado di garantire un’autonomia mostruosa con tempi di ricarica rapidissimi. Accumulatori che, per essere realizzati, potrebbero aver bisogno di materiali rari e non sempre facili da riciclare. Dall’altra, l’idrogeno, una sostanza abbondantissima in natura e semplice da reperire che però deve essere “isolata”, in qualche modo prodotta. E bisogna farlo in modo pulito, altrimenti il bilancio finale dal punto di vista ecologico non è così favorevole come potrebbe sembrare. Chi vincerà la partita fra le batterie e le fuel cell che trasformano in energia H2, non è affatto importante. È una sfida che magari si deciderà fra un paio di decenni. E le due tecnologie potranno anche amichevolmente convivere.

Per ora bisogna studiare e investire su entrambe, prendendo atto che l’auto elettrica ad accumulatori è già una realtà, a certe condizioni pienamente godibile, mentre l’altra e sono un’intrigante promessa perché la rete di ricarica ancora non c’è ed è molto complessa da mettere in piedi. I numeri di immatricolazione parlano chiaro. Le vetture a batterie, ormai, sono milioni l’anno, prodotte da tutti i costruttori e in crescita a tre cifre quasi in tutti i paesi. Quelle pionieristiche ad idrogeno, invece, poche decine di migliaia, realizzate da un paio di Gruppi Orientali. Che pero vedono bene in prospettiva e quindi meritano rispetto. Anche la motorizzazione ibrida un quarto di secolo fa era sperimentale. Oggi, non averla almeno nella formula mild hybrid, rischia di spingerti fuori dal mercato. Per avere il polso della situazione sull’andamento attuale, basta guardare i recenti dati di vendita, italiani, europei, mondiali.

Lo scorso anno nell’Europa allargata (UE, UK, EFTA) le consegne di vetture per colpa del virus sono scese del 25% rispetto al 2019, attestandosi circa sui 12 milioni di unità. Le vetture a benzina sono precipitate del 37,6%, le diesel sono crollate del 35,2%, mentre quelle ad alimentazione alternativa considerate ecologiche (le elettrificate più quelle a gas) sono cresciute del 70,5%, raggiungendo una quota del 25,4% in scia alle diesel precipitate al 26,2%. Un sorpasso solo rimandato che si è già concretizzate nel primo trimestre 2021 e si rafforzerà nel cumulato. Le elettriche pure sono arrivate a 745.684 unità (+107%), le ibride plug-in a 619.129 (+210%), mentre sono in calo quelle a gas (-18,2%) che vendono oltre la metà delle circa 200 mila esemplari solo in Italia. Nel bimestre il mercato europeo ha perso ancora il 23%, ma a febbraio le auto ricaricabili (solo a batterie + plug-in) hanno superato il 20% di quota in Germania e il 13% in Francia e Regno Unito.

Seguono Italia e Spagna dove questa percentuale ha superato di poco il 5%. L’elettrificazione pare avere stretto un legame con il valore. Chi dichiara di voler correre verso le zero emission viene più o meno premiato dai mercati finanziari. Il caso Tesla è emblematico, ma si tratta sempre di una ex start up guidata da un inventore che ha l’hobby di andare a spasso nello spazio e che ha il baricentro delle sue mille attività nella zona della Silicon Valley. Nell’anno horribilis del covid 19 l’azienda di Palo Alto ha aumentate di dieci volte la sua capitalizzazione nella Grande Mela, raggiungendo un valore di oltre 800 miliardi e consentendo al suo guru Elon Musk di diventare l’uomo più ricco del globo con tanto di sorpasso a Jeff Bezos di Amazon.

Nel 2020 Tesla ha fatto anche il suo record di produzione e vendite (mezzo milione di esemplari), ma certo non basta a giustificare l’escalation al Nasdaq. Più di qualcuno sostiene che si tratti di una bolla e ne potremmo parlare all’infinito. Sicuramente c’è più sostanza dietro la Volkswagen che ha recentemente velocizzato il suo ambizioso piano di decarbonizzazione. Il titolo si è impennato, passando in pochi mesi da 130 a 300 euro per una capitalizzazione che ormai viaggia verso i 150 miliardi. Eppure il gigante di Wolfsburg sono anni che produce oltre 10 milioni di veicoli, fattura più di 250 miliardi di euro e dà lavoro ad oltre 600 mila persone in più di 100 fabbriche in tutti i continenti. Ma questo sembra sia meno importante che avere la prua nella direzione giusta.

articolo tratto da https://www.ilmessaggero.it/




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